20140409-030010.jpgIn questi anni ci siamo sempre sforzati (io e qualche altro/a collega del Comune di Rimini) di aprire dei canali di accesso, delle porte per fare in modo di fare arrivare più direttamente la voce dei cittadini nelle stanze del palazzo e di consentire a quelli che stavano lì dentro, di riuscire a rispondere più facilmente e velocemente.

Nel nostro piccolo, ovviamente, e con tutti i nostri limiti,  senza risorse, che giustamente vengono prioritariamente investite nella protezione sociale, nell’istruzione, nei lavori pubblici e, se rimane qualche briciola, anche nei sistemi di comunicazione innovativi, nel digitale, nella Rete.

Così è stato aperto nel lontano 2007 il profilo Twitter (primo comune d’Italia) con l’idea di rendere trasparente il lavoro quotidiano degli amministratori. Creammo, allora, un profilo per ogni assessore e questi furono i primi follower del Comune. Comunicammo in modo estemporaneo (via mail) alle segreterie assessorili la creazione dei profili, qualcuno chiese qualche informazione, altri non chiesero neppure, nessuno (tranne uno che già era su Twitter) li usò. L’esperimento fallì, ma un seme era stato gettato.

Qualche anno dopo durante una furiosa nevicata notturna una cittadina vide un bobcat comunale in azione e fece il semplice tweet:

La comunicazione del Comune a quel punto era definitivamente cambiata, aggiungendo ai tradizionali comunicati stampa una comunicazione in tempo reale talora veicolata direttamente dai cittadini. Contemporaneamente anche la pagina Facebook del Comune cominciò a crescere quale veicolo di informazione e contatto avendo sin dall’inizio la bacheca aperta ai commenti e ai post dei cittadini.

Oggi la pagina è conosciuta da circa 20.000 persone con tassi di risposta certamente migliorabili nei tempi e nella qualità, ma altrettanto sicuramente catalogabile tra le prime venti pagine Facebook comunali in Italia relativamente al numero assoluto di risposte date.

La statistica (un pò datata, a dire il vero) di Blogmeter presentata al ForumPA del 2013 colloca il Comune di Rimini tra le prime dieci pagine Facebook italiane.

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 E’ notizia degli ultimi mesi, infine, dell’avvio anche a Rimini di una agenda digitale articolata in numerose azioni che cerca di offrire anche al nostro territorio l’importante opportunità di digitalizzare la Pubblica Amministrazione e andare verso gli scenari della smartcities.

logo-agenda-digitaleUna piccola cosa all’interno di quel piano è il progetto di city branding che è stato identificato dall’hashtag #myrimini.

Raccogliamo le adesioni dei cittadini che vogliono fotografare la città. Alla persona viene assegnata una settimana e  per quel periodo di tempo ricondividiamo gli scatti Instagram della persona sui profili social del Comune: Facebook, Twitter ma anche Google+, Flickr e Tumblr.

E’ una cosa non tanto originale, già altri grandi città prima di noi l’hanno fatto, ad esempio il comune di  Bologna e  quello Torino. L’ambizione comune è offrire uno sguardo, anzi una pluralità di sguardi diversi della città, non è quella di offrire delle immagini  tecnicamente ‘belle’, certo se sono anche belle è  meglio, ma è più importante la testimonianza che la perfezione stilistica.

E’ meglio avere una sbavatura ma riuscire a raccontare una storia, per questo insieme all’hashtag #myrimini abbiamo aggiunto anche l’hashtag #raccontarimini, per sollecitare questa narrazione personale ed originale. E molto spesso capita che i pensieri, le suggestioni, le storie non riescano a stare nei 140 caratteri di Twitter, come è ovvio.

Succede che per comodità, e per condividere in modo nativo su Twitter (e sugli altri profili social dell’Ente) le immagini usiamo un meccanismo automatico gestito da una bellissima app che si chiama IFTTT che consente di collegare i profili social fra di loro, ma che sventuratamente non riesce a superare il limite dei 140 caratteri di testo di Twitter (o meglio noi, ancora, non siamo riusciti a farglielo superare) così i commenti che su Instagram  superano i 140 caratteri, come detto, vengono malamente troncati su Twitter, come nell’esempio che segue:

Il caso, o forse no (anzi certamente no visto che adesso ci conosciamo e che lei è diventata una stimata blogger e una esperta di social media), vuole che la medesima cittadina che avvistava i bobcat comunali, si avveda dell’errore e ce lo faccia notare. Ci scusiamo della cosa e proviamo a risolvere con qualche escamotage il problema, che riconosciamo essere un errore, ma che francamente rispetto agli scopi del progetto non ci pare così esiziale.

Tuttavia ce ne facciamo carico ed infine giungiamo alla decisione, dopo qualche ulteriore tentennamento, di escludere la condivisione via IFTTT ed utilizzare, per quanto riguarda Twitter,  gli strumenti usuali di condivisione di Instagram ma questo pare non bastare.

Si sviluppa su Twitter  una surreale conversazione, della quale lo scrivente non riesce a darsi, sul momento, alcuna ragione plausibile,  in cui chi gestisce l’account Twitter del Comune è accusato sequenzialmente (dalla stessa e da una sua amica, a quanto pare accorsa a dar man forte):

  • di prendere in giro,
  • di essere sprovveduto,
  • diseducato (che cosa vorrà dire?)
  • forse solo non professionista,
  • addetto inesperto,

Questa è la cronologia della conversazione:

In sintesi si evince che non è possibile sbagliare e che per non sbagliare c’è qualcuno, anche a Rimini, che può salvarti dal delittuoso comportamento su Twitter; è altamente probabile, suppongo cinicamente, che per questa redenzione non sarà sufficiente un grazie.

Insomma alla fine dei conti quello che ne ho tratto è che il pontificare sugli errori di stile, il polemizzare per il punto usato malamente sia stato un tentativo un pò goffo per crearsi uno spazio e sottolineare la propria competenza e affidabilità  (qualità di cui io, peraltro, non dubitavo affatto) ma almeno su una cosa @federchicca ha completamente torto: è meglio sbagliare facendo che rimanere fermi e continuare a non fare nulla per cambiare la PA.

Come diceva già quattro anni fa David Osimo, ricercatore italiano all’estero riguardo le sfide del government 2.0 (cose un pò più grosse di questa sciocchezzuola) è necessario “accettare gli errori, ma non i ritardi… si fanno gli errori, bisogna farli se no vuol dire che non si fa qualcosa di significativo“. Naturalmente poi bisogna imparare e cercare, in questo modo, di non farli più.

David Osimo, Innovation without permission, ForumPA 2010.
“Accettare gli errori” è al minuto 25:23