Io mi ricordo quando mi teneva per mano lungo la strada e mi fermavo alla vetrina dei giochi piangendo per un altra macchinina.

Mi ricordo quando mi portavano con il motorino a San Marino in visita alla zia Maria, io stretto in mezzo tra il babbo (che guidava) e la mamma, cantavo dalla felicità.

Mi ricordo quando sotto il sole caldissimo correva sulla sabbia bollente, sudata, il viso stravolto dalla fatica per portare a casa qualche lira in più, massaggiando corpi doloranti.

Mi ricordo quando veniva a cercarmi alla palestra della scuola e sbucava dalla porta mentre noi giocavamo e io morivo di vergogna, e quando nella notte profonda, la neve che scendeva copiosa, la incontravamo per strada insieme a mio babbo, che, ancora, mi cercavano, due figurine nere perse in quel mare bianco.

Mi ricordo quando mi sentivo incompreso ed esasperato, quando credevo fosse lei la colpa della mia debolezza, ma ero solo un adolescente abbastanza egoista ed un pò ingrato (come tanti).

Mi ricordo quando mi raccontava del suo primo incontro con il babbo, dell’amore, degli odi (non tanto grandi in verità), di vecchi rancori sempre presenti.

Mi ricordo quando teneva in braccio la mia bambina.

Mi ricordo la sua lunga agonia, la perpetua richiesta di aiuto: “Berto! Berto!” sempre più flebile e l’invocazione a un Dio lontano che era un misto di sconforto, devozione e rabbia: “Oh Dio” che faceva male a sentirlo, il lento svanire della mente, delle forze e il rattrappirsi del corpo già piccolo.

La verità è che, come diceva il filosofo, sappiamo solo di non sapere e la morte ci riporta violentemente a questa misura delle cose, a questo può servire e questo è l’ultimo regalo di mia mamma.

Grazie mamma. Ciao