In questi giorni sento che molti parlano di sionismo, sui social, nelle manifestazioni a sostegno della martoriata popolazione palestinese della striscia di Gaza lsraele viene definito “stato sionista” e l’aggettivo è inequivocabilmente connotato in maniera negativa, sionista sta per colonialista o, peggio, fascista. Chi pronuncia questa parola pensa che sia unicamente legata alla persecuzione dei palestinesi, non è del tutto così.
Il sionismo è un movimento nazionalista nato alla fine del 1800, nel periodo in cui si formano le identità nazionali che danno vita agli stati moderni su base etnica e culturale: una nazione, un popolo e la sua autodeterminazione. Gli ebrei, con Theodor Herzl, cominciarono a ragionare anche loro su una patria per gli ebrei. Solo che la situazione degli ebrei era assai più complicata di quella degli altri popoli europei che bene o male erano erano già in maggioranza residente nella loro terra, Gli ebrei erano da secoli sparsi per il mondo , non avevano una terra in cui essere presenti in maggioranza, esisteva il sogno del ritorno, della ‘risalita’ (alyiah) nella Palestina, la terra dell’antico regno d’Israele da cui il popolo ebraico fu disperso a partire dall’epoca romana.
Gli ebrei della diaspora, i ‘deicidi’, i paria dell’Europa, erno divenuti il capro espiatorio di tutti i mali che colpivano le società occidentali, per lunghi secoli furono oppressi e periodicamente massacrati (i pogrom), finalmente il movimento sionista diede loro una prospettiva eminentemente politica (non religiosa, alcuni ebrei ortodossi erano contrari) alla loro speranza di vivere in un luogo dove non dovere avere costantemente paura per la propria sopravvivenza. Il movimento sionista era un movimento molto articolato, correnti importanti erano quella socialista e quella liberale ed esisteva anche una corrente minoritaria estremista che noaln disdegnava i metodi terroristici.
I movimenti sionisti socialisti sono quelli che nel secolo scorso diedero vita alle prime comunità israeliane in Palestina, comunità equalitarie e solidali di carattere fondamentalmente agricolo, i kibbutz, che fecero letteralmente fiorire il deserto.
Tuttavia, probabilmente, Israele non sarebbe stata rifondata negli antichi luoghi se non ci fose stato l’Olocausto. Il mondo fu posto dinnanzi all’orrore assoluto, al più grande, sistematico, annichilamento di massa mai esistito.
Di fronte ala Shoah sembrò naturale cercare di favorire la nascita di uno stato Israeliano nei luoghi che erano sotto il protettorato inglese della Palestina.Il 29 novembre 1947 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votò (33 sì, 10 no, 13 astenuti) la risoluzione 181, contenente la divisione della Palestina in due stati uno a larga maggioranza araba e l’altro a maggioranza ebrea ma con una importante minoranza araba.
Quasi tutti i movimenti sionisti accettarono la risoluzione, gli stati arabi no e attaccarono il neonato stato israeliano nel 1948 nella prima grande guerra arabo israeliana e furono clamorosamente sconfitti, ma di questa confitta dei paesi arabi (Egitto, Siria, Iraq e Giordania), pagarono soprattutto i palestinesi che furono in massa cacciati dalle loro terre (la prima grande Nabka). Da questo momento il sionismo prese sempre di più una piega nazionalista e coloniale e costruì una sorta di apartheid verso il popolo palestinese,
Israele, stato indubbiamente democratico (almeno sino all’attuale governo) di fatto non lo era per la popolazione palestinese confinata e trattenuta in una sorta di riserva indiana e privata via via di tutto quello che contraddistingue un popolo autodeterminato. Il sionismo oggi è un paravento fatto di paura che impedisce soprattutto agli Israeliani di immaginare un futuro in cui le due identità possano convivere e coesistere,
Da qui la corrente di sangue non si è più fermata fino ad oggi,a Gaza.




















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