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Avete presente il discorso di Steve Jobs agli studenti dell’Università di Stanford quando ricordando le esperienze della sua vita ha detto che era un pò come connettere i punti di un disegno che solo “dopo” ti rendi conto che rappresenta qualcosa, un filo che li riunisce a comporre il destino della vita, di ogni vita?

Nel mio minuscolo, più di vent’anni fa, ero entrato da poco in Comune, lavoravo all’anagrafe e mi occupavo di pensioni di invalidità, facevo lo sportello (era una bella fatica!), un giorno venne un giovane sociologo riminese, un ricercatore, Walter Chiani, che adesso é un dirigente del Comune di Riccione (credo), doveva fare una ricerca sulla povertà a Rimini e gli servivano i dati delle pensioni di invalidità perché queste identificavano, nella sua ipotesi, un fascia di popolazione socialmente piú fragile e bisognosa di protezione.

Solo che noi non registravamo i codici delle pensioni che identificavano le varie tipologie e le percentuali di invalidità, informazioni che erano necessarie per la ricerca, memorizzavamo solamente la macro categoria di appartenenza nella scheda anagrafica del soggetto.

Allora con l’aiuto della Milva O., che gestiva e gestisce ancora il database anagrafico, abbiamo fatto una modifica al tracciato record per consentire la registrazione dei codici delle pensioni e abbiamo fatto uno script (in cobol!) per leggere i dati e restituire delle statistiche di base che Walter ha elaborato per realizzare la sua ricerca.

Allora non si parlava di open data, ma c’era un giovane ricercatore che aveva un interesse privato (anche se nobile) e c’era un altrettanto giovane impiegato pubblico che forse per la scarsa esperienza e l’orientamento etico, ha pensato di rompere la gerarchia burocratica verticale (cui poteva senz’altro appellarsi per non far nulla o quasi) e si è presentato con una certa faccia tosta ai colleghi del CED, altri dipendenti pubblici, che lo hanno aiutato a produrre i dati che servivano alla ricerca.

Gli open data secondo me significano, alla fine della fiera, questa storia qui. Con gli open data si dà dignità e riconoscimento pubblico a questa cosa che, al di là, dei luoghi comuni, c’è sempre stata, solo che spesso è stata soffocata dalle regole burocratiche che hanno limitato la potenzialità e la creatività delle persone.

Adesso sappiamo che il nostro lavoro non è soltanto dare un servizio ai cittadini, ma co-progettare il servizio stesso con loro e restituire le informazioni alla società. Con gli open data vogliamo fare cose utili alla società, se prendiamo la cosa come un adempimento burocratico, sará sempre meglio di niente, ma ci priveremmo della gratificazione di sentirsi utili, capaci di dare un contributo alla crescita sociale ed economica, cosa non da poco visto che le gratificazioni materiali sono sempre state scarse.

La morale è che se ci crediamo ci riusciamo.